Museo archeologico dell'antica Capua
Il Museo archeologico dell’antica Capua è ospitato in un edificio storico della metà dell’800, originariamente sede di una Caserma di Cavalleria. L’immobile fu costruito inglobando la torre di Sant’Erasmo, dove nel 1278 nacque Roberto d’Angiò e dove fu ospitato il papa Bonifacio VII. La Torre si era a sua volta insediata sui resti del Capitolium che occupava l’area centrale del lato sud del foro Albana. Il complesso museale, dal 1981 di proprietà del Mibact, ospita il museo, inaugurato nel 1995, i laboratori di restauro, la ludoteca museale, sale espositive, sale conferenza, i depositi e gli uffici di direzione. L’edificio museale, in muratura tufacea con copertura lignea a falde, si sviluppa prevalentemente intorno al cortile, di forma quadrata, ampio circa 2800 mq, con un giardino centrale, anch’esso un “museo a cielo aperto” con frammenti lapidei, sarcofagi e un imponente mosaico a tema marino riferibile ad un grande impianto termale non lontano dal Foro pubblico della città. All’attuale struttura museale si accede attraverso un androne, su cui si affacciano, a sinistra, gli ambienti destinati alla sorveglianza e all’accoglienza. Sulla destra, in quello che rimane della torre di S. Erasmo e del Capitolium, sono ambienti dedicati ad esposizioni, attività didattiche e laboratoriali. Lungo questo fronte, sul lato sinistro, con accesso autonomo e disposti su due livelli, sono gli ambienti del laboratorio di restauro e dei depositi. Il fronte destro del cortile è occupato prevalentemente da depositi, al piano terreno, e da uffici al piano superiore. Agli uffici si accede da una corte, su cui è anche l’ingresso delle sale museali e della ludoteca. Il braccio interno del quadrilatero edilizio attualmente ospita al livello terreno un deposito, ma è in corso la costituzione in tale area di una nuova sezione espositiva dedicata alla via Appia e all’età romana. Al livello superiore si sviluppa una ampia sala per mostre temporanee, oltre 700 mq, con accesso sia dalla corte che dal museo. Il patrimonio archeologico, si è costituito a partire dagli anni ‘80 del Novecento, grazie agli scavi effettuati sul territorio, in particolare alle ricerche di due eminenti studiosi e dirigenti del Ministero, Alfonso De Franciscis e Werner Johannowsky, pionieri dello studio rivolto alla lettura del territorio antico: se il primo si interessò in particolar modo alla conoscenza della città nelle sue fasi più recenti, anche attraverso l’esplorazione del Santuario di Diana Tifatina in Sant’Angelo in Formis e dell’Anfiteatro campano, il secondo concentrò la sua attività sulla sistematica esplorazione delle necropoli capuane dall’età protostorica fino a quella ellenistica, gettando le fondamenta della moderna conoscenza della cultura di “Capua etrusca”. A partire da quegli anni si sono succedute ricerche e scoperte che hanno consentito di recuperare un ricco patrimonio materiale ed immateriale che ha generato l’esigenza di istituire nel 1995 un “Museo del territorio” che completa e si pone in continuità con il Museo provinciale campano di Capua, fondato nel 1870 e inaugurato nel 1874, che accoglie la maggior parte dei reperti provenienti dal Santuario di Fondo Patturelli, in particolare la straordinaria collezione delle famose statue in tufo, le Matres di Capua. Le sale museali, a piano terra, sono distribuite negli ambienti nella rimessa delle carrozze, l’allestimento dei materiali archeologici segue una logica cronologica e topografica ed è stato concepito come “museo didattico del territorio” stabilendo un rapporto diretto con la comunità e il patrimonio archeologico rinvenuto sul territorio. Le sale, numerate, ospitano straordinari reperti in grado di raccontare l’importanza e il ruolo egemone che il centro antico ha assunto sin dalle sue origini. E’ inoltre in fase di attuazione l’ampliamento delle sale museali che prevede l’allestimento di spazi da dedicare alla via Appia e alla sezione romana. All’ingresso del museo, un satiro, elegante copia in marmo di età romana del Satiro in riposo di Prassitele, invita a scoprire la grande Capua. La sala I è dedicata all’età del Bronzo con reperti databili dal XVII-XVI secolo a.C. provenienti da insediamenti preistorici rinvenuti nel comune di Capua, noti per lo più dal rinvenimento di aree sepolcrali (Nuovo Mattatoio, Cappuccini, Fornaci), disposti lungo il Volturno o alle pendici del Tifata, monte sacro ai Campani e sede di due santuari, Giove Tifatino in sommità e Diana Tifatina, alle pendici, luogo legato alla fondazione mitica di Capua. Vasellame d’impasto, punte di frecce, sono le tracce degli insediamenti capannicoli del Neolitico (7500-5300 anni fa) e dell’età del Bronzo (2300-1000 a.C.) che danno inizio al percorso narrativo Le sale II-III sono dedicate all’età del ferro (fine X- prima metà dell’VIII sec. a.C.) a partire dai corredi più antichi databili connessi ad una comunità che praticava la cremazione. Le ceneri dei defunti venivano conservate in grandi vasi in impasto, variamente modellati e decorati, con un ricco corredo caratterizzato dalla presenza di oggetti personali come rasoi, fibule, fermatrecce, anelli, pasta vitrea, talvolta argento ed ambra. Gradualmente si assiste alla sostituzione del rito crematorio a favore di quello inumatorio. Accanto ai numerosi vasi d’impasto lavorati localmente, alcuni di questi dalle forme assolutamente originali come la tazza attingitoio (capeduncola) e la tazza biansata, si ritrovano i bacini in bronzo ad orlo perlinato nonché materiali che testimoniano i contatti con la cultura greca, attraverso la mediazione di Pitekoussai (Ischia) prima e di Cuma poi, come la presenza di tazze a chêvrons o quelle ad uccelli. La forte influenza esercitata dal mondo greco è ravvisabile soprattutto nell’adozione da parte dell’aristocrazia locale del rito funerario dell’incinerazione con la conservazione delle ossa combuste in contenitori ceramici o di bronzo, deposti in dadi di tufo o in pozzetti ricavati nel terreno. Le comunità di questi villaggi non sono isolate ma aperte a scambi commerciali con il nord Europa, l’Oriente e la Grecia. L’ambra del Baltico convive con il vago di faiances di orgine fenicia, le piccole comunità locali interagiscono e si intrecciano con i gruppi di cultura villanoviana che dal basso Lazio raggiungono la piana del Volturno, straordinaria per la fertilità e per la posizione geografica, e per le agevoli vie di comunicazione tra l’interno e la costa tirrenica. Nelle sale dedicate all’età del Ferro spiccano i corredi funerari di personaggi emergenti e riti funerari che convivono, pur con delle differenze, come l’incinerazione e l’inumazione in tombe a fossa, che sarà prevalente nell’VIII secolo a.C. Grossi vasi d’impasto finemente decorati e coperti da una scodella contenevano le ceneri di individui sepolti con i propri oggetti personali: rasoi di bronzo, morsi di cavallo e armi, tra cui spicca la spada con fodero in bronzo “defunzionalizzata” da una tomba della prima metà del IX sec. a.C. Particolarmente ricchi sono i corredi femminili che presentano rocchetti per la filatura e vasellame, che alludono alla cura della casa, accanto a oggetti ornamentali, fermatrecce, orecchini, anelli, collane. Insieme ai bronzi e ai vasi d’impasto prodotti localmente, non mancano oggetti preziosi di importazione come la coppa d’argento e altri materiali che testimoniano i contatti con la cultura greca. Questi oggetti lasciano immaginare popolazioni in movimento, che dialogano alla pari con altre aristocrazie, che assorbono e donano saperi. Questi incontri, che si intensificheranno nel periodo orientalizzante, in particolare con Cuma, prima colonia greca d’occidente, con cui Capua sarà sempre in stretto rapporto, accelerano l’evoluzione della comunità locale, favorendo la formazione di aristocrazie legate al controllo di attività produttive e commerciali. Le sale IV-V gli oggetti annunciano la fase orientalizzante (seconda metà dell’VIII–inizio VI sec. a.C.) con la piena assimilazione dei nuovi modelli culturali legati al simposio e alla cura del corpo, leggibile dalla presenza di oinochoai, brocche per il vino, di kotylai e di skyphoi, tazze per bevande, e numerosi balsamari. La fase arcaica e l’affermazione delle aristocrazie della città etrusca è svelata da pregevoli oggetti : bronzi di produzione laconica finemente decorati, vasi etruschi in bucchero, ceramica corinzia, si mescolano alle produzioni locali, in particolare quella bronzea , contraddistinta principalmente dai lebeti, vasi di altissimo pregio decorati con figure plastiche sul coperchio e sull’orlo, contenenti le ceneri dei defunti. La sala VI è dedicata agli spazi santuariali e all’affermarsi dell’architettura monumentale attraverso l’esposizione di statuine votive e antefisse, frutto della fiorente produzione di terrecotte architettoniche utilizzate per la copertura dei tetti. Tra le tipologie più diffuse ricordiamo quelle a palmetta, quelle con testa muliebre nimbata o diademata, quelle con raffigurazione di Acheloo e quelle a testa di Gorgoneion che conservano spesso intatta la loro vivace policromia; Le sale VII, VIII, IX si concentrano sulla “grande Capua dei Campani”, da città etrusca a capitale campana. Ad annunciare l’affermazione dei Campani (423 a.C.) sono i valorosi guerrieri con la corazza a tre dischi, l’elmo splendente e il cinturone che ferma la corta tunica. Nei corredi maschili osserviamo le loro armature, come il cinturone e la lancia, mentre in quelli femminili gioielli in oro e vasi figurati, ostentazioni di ricchezza. I corredi esposti differenziano i generi, rimarcando i ruoli, ma attestando anche nei corredi maschili, l’adozione di uno stile di vita raffinato sottolineata da oggetti legati al banchetto e alla cura del corpo. Nella settima sala sono inoltre esposti corredi di età classica con numerosi contenitori ceramici di produzione attica e di produzione locale, su imitazione dei prodotti greci. E’inoltre riprodotta a grandezza naturale una tomba a camera con raffigurazioni del defunto, senza dubbio di alto rango, accolto nell'aldilà. Particolarmente suggestiva è l’esposizione di una tomba a cassa di tufo con testate dipinte raffiguranti il ritorno del guerriero. La sepoltura presenta un ricco corredo con contenitori di produzione locale a figure rosse, tra cui spicca una grande anfora con scena figurata della liberazione di Andromeda. Nella sepoltura compaiono inoltre un grande contenitore per contenere acqua, una grande olla acroma per derrate alimentari ed altri oggetti di uso quotidiano. La sala X è dedicata al santuario extraurbano della città, noto come «Santuario di fondo Patturelli», dal nome della famiglia proprietaria del terreno. Ricadente presso la porta orientale dell’antica città, nel territorio di Curti, il santuario fu scoperto in maniera fortuita nel 1845 e indagato in modo sistematico nel 1995 con il recupero di migliaia di oggetti votivi, un corpus di iscrizioni in lingua osca, note come Iovilas, altre sculture in tufo raffiguranti le matres, frammenti di ceramica e centinaia di terrecotte architettoniche, per la cui produzione Capua era nota oltre i suoi confini. I doni votivi, ritrovati in numero molto cospicuo, nelle forme di donne che curano e allattano bambini, divinità, soggetti mitici o teatrali, oscilla, votivi zoomorfi, culle tintinnabula, offerenti e fedeli, lasciano ipotizzare la pratica di un culto a carattere iniziatico riferibile a divinità con lo specifico compito di sovrintendere a riti di passaggio sia femminili che maschili. Nella sala XI, in corso di allestimento, sono esposte due sculture di età romana, copie di originali greci. La Nike di Capua che domina la sala ha dato avvio all’allestimento della sezione dedicata alla Capua romana. L’imponente esemplare, reso nell’atto di discendere dall’alto, è riconducibile ad una variante del tipo statuario della Nike di Paionios e si confronta con una serie di note immagini della dea ampiamente riprodotte in età ellenistica e romana. Accanto ad essa, in atteggiamento “raccolto e pudico” è l’Afrodite Cnidia, copia romana della nota scultura di Prassitele. Le sale XII-XIII-XIV-XV-XVI ospiteranno la mostra permanente “Nel segno dell’Appia: Capua altera Roma” che contribuirà ad ampliare il percorso museale arricchendo l’offerta culturale relativamente alla fase romana della città. La mostra vedrà realizzati e potenziati gli allestimenti espositivi tradizionali che saranno accompagnati da narrazioni, visite immersive e realizzazioni in 3D che illustreranno il percorso della regina delle strade: cippi miliari, monumenti, iscrizioni, ricche domus e monumentali sepolture racconteranno la sua lunga storia. Ad esaltare la straordinaria fertilità dell’Ager Campanus, profondamente inciso dai segni della centuriazione romana e attraversato dalla via Appia, sarà la statua del Trittolemo, unico esemplare a tutto tondo finora noto dell’eroe ateniese cui Demetra donò un carro alato per diffondere nel mondo l’agricoltura.